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Il libro è
qualcosa di più di una storia diplomatica del mezzo secolo che separa
l'aspro risorgere dalle rovine della guerra e del fascismo dagli scenari di
fine millennio, che ruotano attorno alla scomparsa dell'eterno “nemico”,
l'impero sovietico. È la storia di una carriera e di un progetto, la
costruzione, cioè di una scuola diplomatica italiana che, nei limiti di una
piccola potenza, sapesse presentarsi con dignità sulla scena internazionale.
È purtroppo anche il diario di una sconfitta, confessata con il
pudore di chi preferisce la freddezza delle constatazioni alle polemiche (Domenico
Quirico in “La Stampa” del 11.11.95).
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