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LA PENNA DEL DIPLOMATICO
 

Articolo su "La Stampa"

19/6/2004 Sezione: Tutto Libri Pag. 7

Un diplomatico racconta i fallimenti della modernità


Boris Biancheri

E’ in corso di stampa, a quanto mi viene detto, un repertorio di tutti i libri che siano stati scritti da diplomatici italiani. Le opere citate sono quasi cinquecento, un numero non banale se si tiene conto che la diplomazia è di per sé un corpo piuttosto esiguo. Viaggiare, evidentemente, induce a scrivere. Si tratta per lo più di scritti di memorialistica e di storia, ma vi trovano posto anche narrativa e poesia. Tra letteratura e diplomazia vi sono d'altronde, antiche connessioni illustri: senza scomodare Stendhal, che fu console a Civitavecchia più per necessità che per vocazione, viene da pensare a Chateaubriand o a Paul Claudel; oppure, se ci si vuol limitare ai premi Nobel, a Saint John Perse, a Seferis o a Pablo Neruda. Uno degli ultimi titoli che saranno raccolti nel futuro repertorio è Dopo la caduta di Maurizio Serra, un diplomatico che si è già confrontato con la storia contemporanea, soprattutto francese, e con alcune tendenze delle avanguardie intellettuali di oggi. Dopo la caduta è un libro singolare. Titolo e sottotitolo ("Episodi del Novecento") dicono solo che si tratta di frammenti della storia dell'ultimo secolo accomunati dal fatto di essere significativi non per ciò di cui sono l'inizio ma per ciò di cui sono la fine. Si tratta in effetti di quattro episodi assai diversi tra loro - l'impresa di D'Annunzio a Fiume, la caduta del nazismo e il processo di Norimberga, la sconfitta del militarismo giapponese, la disgregazione della Repubblica Democratica Tedesca - che portano tutti il segno del fallimento. E' un filo inconsueto, quello della sconfitta, ma Serra lo persegue con intelligente coerenza. In due casi si appella alla mediazione altrui: Fiume e D'Annunzio sono letti attraverso le reazioni e i giudizi che ne hanno dato gli inglesi, Norimberga attraverso i ricordi di un membro del collegio alleato. Negli altri due si affida alle sue proprie analisi, d'altronde accuratamente annotate e documentate. Il segno di un fallimento, sta bene. Ma fallimento di che cosa? Nella sua brillante introduzione, Ludovico Incisa di Camerana, fine storico e diplomatico lui stesso, suggerisce che si tratti di quattro esperienze di modernità mancata. Si potrebbe forse altrettanto appropriatamente dire che si tratta di quattro falliti tentativi di resuscitare modelli antichi: un modello romantico-irrazionale nel caso di Fiume e del nazismo, un modello imperiale e colonialista nel caso giapponese, un astratto modello marxista nel caso tedesco, tanto più visibilmente arcaico se visto specularmente al successo della Germania Federale. Ma che l'origine sia in una mal compresa modernità o in una nostalgica riesumazione del passato (un'alternativa forse insolubile che Serra, accortamente, si astiene dal dibattere), quel che conta è l'epilogo; ed è questo che ci viene raccontato in un libro scritto con eleganza e precisione. Un libro nato da un'idea inconsueta, o forse da casualità, e portato a termine con lucida intelligenza. Un libro meritevole di prendere posto non solo tra gli scritti dei diplomatici italiani di ogni tempo ma tra tutti quelli di coloro che si avventurano alla ricerca di assonanze e coincidenze poco esplorate nella storia di oggi.

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