PERCHE' LA DIPLOMAZIA NON SCOMPARIRA' MAI
Presentato al TEDx Bari (Italia) su “Resilienza” 3 ottobre 2015
INTRODUZIONE
Io sono un
diplomatico di carriera e, dopo tante esperienze all’estero, sono stato
chiamato quattro anni fa a svolgere una straordinaria
attività: formare i giovani diplomatici che entrano al Ministero dopo aver
superato il concorso.
A proposito diplomatici,
mi fa molto piacere di essere qui a Bari,
in Puglia, una regione da cui provengono numerosi diplomatici, anche tra le
nuove generazioni.
Formare i giovani
colleghi è stata per me una grande esperienza, perché mi ha dato l’opportunità
di condividere con loro i miei quasi trenta anni di vita diplomatica. E’ una sfida importante perché il mio compito è far sì che
siano preparati per la loro futura attività professionale. Un’ attività che
svolgeranno per i prossimi trenta/quaranta anni e che li vedrà operare in
condizioni sicuramente diverse da quelle che ho conosciuto io e da quelle che
hanno conosciuto i nostri predecessori.
A questo punto vi
chiederete che cosa ha a che fare la diplomazia con la resilienza, il tema di
questo TEDx sul quale abbiamo già ascoltato alcuni
stimolanti interventi. Potrei sbrigativamente rispondervi con una classica e popolare citazione secondo
la quale “la diplomazia è la seconda più
antica professione del mondo”. Lascio alla vostra immaginazione quale è la
prima ……..
In realtà la
resilienza dei diplomatici è sempre stata basata sulla loro costante capacità
di adattarsi alle mutevoli circostanze ed ambienti.
Ma oggi che
viviamo in un modo fatto di così rapidi cambiamenti, si pone più che mai la questione
- particolarmente cara ai giovani colleghi che devo formare - se “i diplomatici
continueranno ad esistere anche in futuro?” “Scomparirà mai la diplomazia?”
Sono domande non
nuove e quello che vorrei mostrarvi oggi è come vi sono stati già casi nella
storia recente in cui il futuro ed il
ruolo della diplomazia sono stati messi in seria discussione.
CITAZIONI
Allora iniziamo un
breve viaggio fra le profezie sbagliate sulla fine della diplomazia.
Il primo esempio
di profezia sbagliata che vi voglio mostrare è questa esclamazione
“Mio Dio, questa è la fine della diplomazia!”
fatta dall’allora
Ministro degli esteri inglese Lord Palmerston,
quando, intorno al 1860 ricevette il primo telegramma
Più chiaro di così!
Immaginate Lord Palmerston con il
telegramma in mano intento a pensare a quanti e quali cambiamenti questo nuovo
strumento di comunicazione avrebbe comportato. [D’altra parte il telegrafo fu
veramente una rivoluzione tecnologica nei mezzi di comunicazione del tempo].
Lord Palmerston fu a capo della
politica estera britannica in un periodo in cui la Gran Bretagna era al massimo
splendore e conosceva molto bene tutta la macchina burocratica che dirigeva.
Ma
perché ebbe una reazione così forte?
Probabilmente
perché l’invenzione del telegrafo andava direttamente ad influire su una di
quelle che sono le attività classiche
dei diplomatici: lo scrivere analisi e rapporti.
Allora facciamo
un altro piccolo passo indietro nella storia fino ad arrivare al XVI secolo
quando gli Ambasciatori veneziani mandati a rappresentare la Repubblica di
Venezia in alcuni Stati esteri, scrivevamo le cosiddette “Relazioni”.
Questa volta immaginate di trovarvi nel 1560 come
Ambasciatore della Repubblica di Venezia presso la Corte di Filippo II di
Spagna (direi niente male come sede…).
Questa è la prima pagina (uno sorta di indice) del
rapporto inviato da Michel Soriano che descrive la situazione politica, militare,
economica e sociale del Paese.
Per secoli questa attività di analisi è stata un quasi
monopolio o oligopolio degli Ambasciatori inviati all’estero a rappresentare i
propri Paesi. Lord Palmerston aveva probabilmente
percepito che l’invenzione di uno straordinario strumento di comunicazione come
il telegrafo, avrebbe radicalmente cambiato di questa situazione. Da qui la sua
reazione
Ma questa essenziale attività di “Reporting”, svolta dai
diplomatici, è stata messa in discussione anche più recentemente.
Ecco quello che affermava una quarantina di anni fa,
negli anni ’70, Pierre Trudeau, allora Ministro degli Affari esteri del
Canada:
Potrei rimpiazzare l’intero Ministero degli Affari esteri
con un abbonamento al New York Times
Certo che un’affermazione del genere fatta dal proprio ministro,
non deve avere rassicurato o incoraggiato i colleghi canadesi del tempo …..
In realtà il lavoro svolto dai giornalisti e dai diplomatici, pur incrociandosi in alcune
occasioni, è molto diverso sia per
quel che riguarda gli interessi in gioco sia per quel che riguarda la
sensibilità e la prospettiva con cui si affrontano le situazioni.
Purtroppo sappiamo bene che in un mondo che va così
veloce, quello che conta è spesso solo ciò che raggiunge la prima pagina. Il
resto viene rapidamente dimenticato. I diplomatici sanno bene che bisogna
lavorare sodo affinché le situazioni critiche NON arrivino in prima pagina, ma
vengano prevenute o risolte prima che si trasformino in crisi.
E vi posso assicurare che molto di questo lavoro fuori
dai riflettori, paziente, fatto di relazioni umane, di rapporti fra persone
faticosamente costruiti, occupa molto del nostro tempo lavorativo.
Ma passiamo ora ad un altro esempio di resilienza
collegato alle attività diplomatiche. Anche in questo caso mi riferirò ad
un’altra classica attività comunemente associata con il mondo diplomatico: il PROTOCOLLO o il CERIMONIALE.
Quanti voi, quando sentono parlare di diplomatici, di ambasciatori, pensano immediatamente ad una situazione conviviale?
Effettivamente le cerimonie ufficiali, i cocktail e tanti
altri tipi di attività sociale sono spesso percepite come l’attività principale
svolta da un diplomatico.
Questo è sbagliato, oggi più che mai, ma ciò non toglie
che per ogni diplomatico le attività sociali sono particolarmente importanti
per svolgere bene il proprio lavoro. Il “ Networking”,
o la costruzione di reti, come oggi viene definita tale attività, è essenziale
per poter rappresentare il proprio Paese all’estero.
Ebbene anche questa attività tipica del diplomatico è
stata messa in discussione in passato.
Ecco che cosa affermava un grande attore e scrittore a
metà degli anni ‘50.
“Un
diplomatico, oggi, è niente più di un capo cameriere al quale è permesso, ogni
tanto, di sedersi a tavola.”
Sir Peter Ustinov era anche un grande umorista e questa è la sua lettura, la
sua interpretazione dei cambiamenti che hanno effettivamente interessato le
relazioni internazionali.
Oggi i Primi Ministri, i Ministri degli Affari esteri si
incontrano spesso di persona e possono parlarsi direttamente senza il bisogno
di intermediari. Quindi il ruolo degli Ambasciatori e dei diplomatici è
notevolmente cambiato. Ma se guardate
attentamente, voi noterete che in ogni importante riunione o evento
internazionale (bilaterale o multilaterale), gli Ambasciatori o i consiglieri
diplomatici sono sempre discretamente
vicino al Ministro per assisterlo.
La
ragione è molto semplice e non è cambiata nei secoli: i
diplomatici sono coloro che preparano gli incontri e sono anche coloro che saranno
chiamati ad assicurare i seguiti delle decisioni che verranno prese al massimo
livello….
Credo che questo fotografia sia
eloquente. Si tratta dell’Amb. Egidio Ortona, uno
degli Ambasciatori italiani più famosi, nel 1961 alle Nazioni Unite che parla
discretamente (si direbbe sussurra) a Gaetano Martino (ex Ministro degli
esteri) che ascolta attentamente i suggerimenti dell’Ambasciatore. Credo che
questo sia uno di quei casi in cui una foto spiega più di mille parole…………
A proposito di Nazioni Unite lasciatemi fare una piccola notazione personale. Io ho un legame
particolare con questa organizzazione visto che una parte importante della mia
carriera (8 anni) l’ho trascorsa rappresentando l’Italia in vari organismi ONU
a Ginevra e a New York.
Ho passato giorni e giorni in interminabili discussioni
su singole frasi o parole da inserire o da cancellare in risoluzioni o altri
documenti ufficiali che sembrano uguali di anno in anno.
Purtroppo spesso l’accento viene posto dai media e
dall’opinione pubblica sul fatto che queste grandi organizzazioni, con tutti i
loro meccanismi e organismi, non riescono ad impedire il nuovo insorgere di
crisi o conflitti.
Sulla base della mia esperienza, vi posso invece
testimoniare che proprio grazie ad un lavoro apparentemente ripetitivo e quasi
rituale, sono stati evitati tanti altri conflitti, attraverso un’attività di
prevenzione che difficilmente emerge nelle pagine dei giornali.
Quando penso a tutte le vite che sono state salvate con
questa attività poco nota, mi sento orgoglioso, come diplomatico, di aver dato
il mio piccolo contributo!
CONCLUSIONI
Per concludere vorrei utilizzare un’ultima citazione per
spiegare come l’attività dei diplomatici si adatta continuamente ai cambiamenti
che si presentano. E’ una citazione che mette insieme
due elementi a me molto cari. La diplomazia, vale a dire il mio lavoro, e il
Jazz, la mia musica preferita.
Richard Holbrooke, ex vice
Segretario di Stato degli Stati Uniti e Rappresentante permanente degli Stati
Uniti alle Nazioni Unite ha detto:
La
diplomazia è come il Jazz. Un’improvvisazione su un tema.
Penso che si tratti di una strordinaria
definizione che sintetizza perfettamente quelle che sono le capacità e le
competenze che un buon diplomatico deve avere. Come avviene nel Jazz, per avere un buon risultato finale
nell’improvvisazione bisogna conoscere molto bene il tema originale e poi per
improvvisare, bisogna avere acquisito grandi capacità tecniche attraverso
l’esperienza e la creatività. Il talento da solo non basta!
I diplomatici
possiedono queste capacità e questo aiuta a comprendere perché,
nonostante le numerose Cassandre,
tutte le profezie relative alla fine della diplomazia e dei diplomatici, sono
sempre state e continueranno ad essere sbagliate.
Il ruolo dei diplomatici nelle relazioni internazionali è molto cambiato, ma è più rilevante
che mai. Probabilmente meno visibile
che in passato, ma certamente sempre
essenziale.
Grazie!
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