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LA PENNA DEL DIPLOMATICO
 

America Oggi - (Oggi 7)
23 luglio 2006
http://www.oggi7.info/archivio/dettaglio.asp?Art_Id=2626&data=23/7/2006 

SPECIALE LIBRI A NEW YORK /

L’ambasciator porta penna

di Stefano Vaccara

Ambasciator non porta pena... però la penna la porta, eccome la usa! All’Istituto Italiano di Cultura di New York, lunedì 17 luglio, è stato presentato il libro La penna del diplomatico: I libri scritti dai diplomatici italiani dal dopoguerra ad oggi (Franco Angeli, 2006). Stefano Baldi e Pasquale Baldocci, entrambi diplomatici di carriera - ma di diversa generazione - hanno raccolto 670 titoli che 180 colleghi hanno pubblicato dal 1946 ad oggi. Opere di vario genere, dai saggi storici e politici (genere che vede l’ambasciatore Sergio Romano battere tutti i record di prolificità), a libri di poesia, narrativa e persino teatro (ben 44 opere pubblicate).

Con il direttore dell’Istituto Claudio Angelini, a presentare il libro c’erano anche uno degli autori, Stefano Baldi - che presta servizio presso la missione diplomatica d’Italia alle Nazioni Unite - e il giornalista Arturo Zampaglione - corrispondente di "Repubblica" da New York e figlio di Gerardo, ex ambasciatore italiano presente nel libro come uno degli autori tra i più prolifici. L’ambasciatore d’Italia presso l’Onu Marcello Spatafora, impegnatissimo in una riunione al Palazzo di Vetro per la crisi in Medio Oriente, è arrivato alla fine, ma in tempo per esprimere una precisa opinione sul libro e soprattutto su quanto sia importante che i diplomatici di carriera continuino a scrivere e sempre di più.

I 670 libri analizzati nella ricerca di Baldi e Baldocci (quella presentata è la seconda edizione, pubblicata sotto l’egida dall’Istituto Diplomatico "Mario Toscano"; esiste anche un website, http:/baldi.diplomacy.edu/diplo in cui si aggiorna la lista di autori in base alle ultime segnalazioni pervenute) sono stati raggruppati in 9 categorie: memorie e ricordi, saggi storici, saggi di politica internazionale, saggi sull’emigrazione, saggi economici, saggi giuridici, romanzi, poesia e teatro, altri saggi. La maggioranza dei libri, come era prevedibile, si concentra nelle prime tre categorie, quelle più vicine al tipo di lavoro svolto e alla preparazione culturale del diplomatico di carriera.

Per il diplomatico, almeno fino a quando ancora in servizio, non è facile pubblicare un libro. Come ha fatto notare Claudio Angelini, nell’appendice del libro viene pubblicata la normativa del Ministero degli Esteri sulla pubblicazione dei testi, in cui viene chiaramente sottolineato come occorra ottenere "la preventiva autorizzazione del Ministero per pubblicare scritti.. che abbiano attinenza con le relazioni internazionali".

Presentando il suo libro, anche Baldi ha sottolineato le difficoltà che un diplomatico, impegnato nello scrivere continuamente per lavoro, trova per coltivare la scrittura per altri interessi. Baldi ha sfornato, correlando il tutto con efficaci grafici, i principali numeri della ricerca: tra i 670 titoli (ma ora sarebbero già oltre 700), 70 sono stati pubblicati in lingua straniera. Solo l’8% per cento dei diplomatici della Repubblica italiana ha pubblicato almeno un libro, in media un autore del Corpo Diplomatico scrive 3 libri. Come detto prima, Sergio Romano, ora editorialista del Corriere dell Sera ma già amabsciatore a Mosca e alla Nato, è di gran lunga il più prolifico, con ben 62 titoli. Dietro di lui ben staccato c’è Massimo Baistrocchi, ne ha pubblicati "solo" 26.

Arturo Zampaglione ha fatto notare che dal 1980 ad oggi, solo 25 libri pubblicati da diplomatici italiani sono stati tradotti. "Perché? Temi di politica estera da leggere solo in italiano... E come mai non sono di più i diplomatici a scrivere", si è chiesto Zampaglione, "soprattutto nella sezione di memorialistica?" Zampaglione trova il motivo nel regolamento vessatorio, ma anche nei condizionamenti politici che il diplomatico italiano subirebbe.

Dal pubblico, subito una domanda maliziosa: tra tutti i testi menzionati, quanti sarebbe stato meglio non pubblicare? "Sia io che Baldocci ci siamo guardati dall’esprimere giudizi" ha risposto l’autore presente, non era a quanto pare il compito della loro ricerca, vista invece più come uno strumento per segnalare testi che potrebbero aiutare i giovani a capire meglio questa professione prima di intraprenderla.

Il console generale Antonio Baldini, in sala alla presentazione del libro così come tanti altri colleghi e consorti, ha osservato che se forse non sono tantissimi i diplomatici che hanno pubblicato un libro, sicuramente lui ne conosce pochissimi che non si siano cimentati sui giornali. "Anche io avrei voluto scrivere un libro, e ne avevo da scrivere dopo la mia permanenza in Libano durante la guerra civile... ma dal ministero mi fecero capire che non era una buona idea... allora non capii, ma poi mi resi conto. Si corre il rischio di mettersi al centro di polemiche come accade con i magistrati."

L’ambasciatore Spatafora, che ha definito l’autore Stefano Baldi, suo collaboratore alla missione Onu, appartenente ad "una razza di animale diplomatico che temo sia in estinzione", ha sottolineato i meriti di una ricerca del genere e di tutti i diplomatici che si cimentano nello scrivere, "perché non è tempo perso dal loro lavoro, anzi". Infatti per Spatafora, "leggendo questo libro, ci si accorge che il mondo che i diplomatici possono offrire, è un prisma supplementare, una lente in più per poter interpretarlo... Senza questi libri, il diplomatico apparirebbe al momento della pensione come rammollito, invece scrivendo pubblicazioni scopriamo che c’é di più e di diverso, che il diplomatico non è solo un osservatore ma anche un attore protagonista". Spatafora ha continuato: "C’é chi pensa che la figura del diplomatico sia obsoleta, invece egli ha sempre più importanza. E il suo scrivere dopo la carriera, sarà determinante per lasciare una testimonianza di quello che è successo". Ha continuato Spatafora: "Nell’era in cui nel nostro lavoro si usa sempre più l’internet, gli email, ecco mi chiedo cosa andrà mai a finire negli archivi, cosa rimarrà di certi passaggi che una volta erano i documenti per aiutare a scrivere la storia. Ecco allora che quello che scrivono e scriveranno i diplomatici nei loro libri servirà sempre di più". L’ambasciatore italiano all’Onu, al quale era stato chiesto se pensa di scrivere le sue memorie, soprattutto di questi anni all’Onu, ha poi concluso: "Per quanto riguarda me potrei scrivere anche degli anni in Libano, quando si incontra Arafat alle tre del mattino... Eppure no, dopo non credo scriverò un libro, certe cose interessanti andrebbero scritte ora, in questo momento servirebbe di più..."

Un epilogo alla domanda sulle motivazioni: ma perché dovrebbero scrivere i diplomatici?

"Principalmente per dare un contributo con un approfondimento analitico di certi temi". Ha detto Arturo Zampaglione. "E’ positivo che ci sia anche il loro punto di vista, che partecipino anche loro al dibattito sui temi della politica estera".

"Comunque non dovremmo scrivere ‘istant book’, non siamo dei Bruno Vespa", ha risposto Baldi, che ha aggiunto: "Io credo che alla fine della carriera non debba essere un obbligo scrivere, ma un piacere per poter condividere con i più giovani quello che si è fatto".

 

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