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Nenni visita la Cina due volte, nel 1955, quando incontra anche Mao Zedong, e nel 1971, quando il Primo Ministro Zhou Enlai gli esprime l’eterna gratitudine del popolo cinese per l’impegno da lui profuso nel riconoscimento italiano della Repubblica Popolare. Dalle pagine appassionate dei suoi diari affiora un uomo integro, un autentico umanista, ansioso di contribuire alla pace e alla distensione internazionale. Principi tuttora deficitari in un mondo dominato dalla finanza globalista. Se i due momenti appartengono a tempi diversi, essi vivono in queste pagine una seducente convergenza. Le osservazioni dell’autore si dipanano in un’analisi esterna al mainstream nelle interazioni tra Cina, Stati Uniti, Unione Europea, Italia e altri ancora. Il punto di congiunzione è lasciato al lettore, concorde o discorde, libero di proiettare passato e presente suoi convincimenti, all’insegna della nota filosofica che fa coincidere la verità con la ricerca di essa, e non certo con le pagine di un libro o con gli echi distonici di una narrazione pubblica imbottita di falsità. Se i regimi autoritari non hanno necessità di modellare le loro verità, perché la narrazione pubblica è imposta con la coercizione, le democrazie liberali hanno bisogno del consenso, e dunque della menzogna sistemica per continuare a godere dei privilegi del potere. I due momenti si ricongiungono in una costante dialettica, poiché le parole di Pietro Nenni echeggiano silenziose in ogni riga. E i suoi occhi si riempirebbero di lacrime gioiose se potessero condividere la battaglia contro i pericoli del nostro tempo, l’enorme divario di ricchezza, dentro e tra le nazioni, la guerra nucleare che distruggerebbe il pianeta e la distruzione dell’ambiente di vita devastato dal più violento nichilismo (neoliberismo) che la storia abbia mai conosciuto (dal risvolto di copertina del libro). |