LE COMUNITA' ITALIANE ALL'ESTERO
di Raimondo Cagiano de Azevedo e Paola Bacchetta
Il numero di italiani che lasciano il proprio paese per cercare maggiori oppurtunita' di lavoro all'estero, si e' con gli anni ridotto. L'Italia non e piu' un paese di emigrazione ma si sta via via trasformando in paese di immigrazione. I flussi migratori di massa in direzione dell'estero sono andati esaurendosi e senza prospettiva di ripresa: il flusso si aggira attualmente intorno alle 50.000 unita', in un senso e nell'altro. Il saldo migratorio e quasi in equilibrio (1).
Si sta, inoltre, verificando un altro fenomeno: una modifica nelle qualifiche professionali degli emigranti. E' esaurito il numero agricoltori ed e' aumentato il numero di tecnici e operai specializzati che si dirigono all'estero per prestare lavoro nei cantieri italiani, nei paesi africani (oltre 45% negli anni '80) e asiatici (2).
Questa nuova forma di espatrio prende il nome di "emigrazione tecnologica" o "cantieristica" che esporta, oltre al lavoro, capacita' imprenditoriali, risorse finanziarie e, soprattutto, tecnologie. In tal modo il lavoratore italiano non e' piu' isolato, ma inserito in un ambiente di lavoro caratterizzato da alta tecnologia e capacita' imprenditoriale.
L'emigrazione italiana, come le altre, ha visto ridurre i flussi espatrio sia per la politiche restrittive poste in essere dal paesi immigrazione nei confronti dei nuovi ingressi, sia perche' il divario economico che separava l'Italia dalle altre nazioni si e andato colmando; a questo si deve aggiungere un mutato atteggiamento dei lavoratori italiani riguardo all'esperienza migratoria. La disoccupazione, che ha fatto espatriare milioni di italiani, esiste tutt'oggi, ma non spinge piu' ad espatriare, o meglio, non crea piu' molta emigrazione.
La grande emigrazione si ebbe con l'unita' d'Italia. In quegli anni migliaia di persone scelsero mete
transoceaniche, come gli Stati Uniti d'America, l'Argentina ed il Brasile. Agenti e subagenti di emigrazione cercarono nelle campagne manodopera da far emigrare, reclutata per conto di grosse aziende estere. Fu cosi' che braccianti del sud, contadini del bergamasco, del Veneto e del resto della penisola, lasciarono la loro terra per lavorare in paesi stranieri, soggetti molto spesso a pessime condizioni di impiego e ricompensati con bassi salari.
Dal 1876 al 1987 sono espatriati ben 26.706.581 italiani, il 53% verso paesi europei (14.159.120 italiani)
(vedi tabella 1). Ma il maggior numero di espatri si e' avuto nel decennio 1901-1910, quando 6.026.690
italiani lasciarono il loro paese per cercare fortuna all'estero.
Fino al 1920 il flusso migratorio si rivolse principalmente verso paesi extraeuropei; successivamente,
invece, gli italiani preferirono mete europee. Soprattutto nel decennio 1961-1970, la differenza numerica tra i due flussi - verso paesi europei e verso paesi extraeuropei - fu notevole: in quegli anni piu' dell'80% del flusso migratorio italiano ebbe come destinazione l'Europa. Mentre, tra i paesi extraeuropei, gli italiani cominciarono a prediligere nuove nazioni, come l'Australia, il Venezuela ed il Canada. Nel decennio 1951- 1960 il flusso migratorio italiano verso questi paesi aumento' in modo considerevole; in quel periodo 190.782 italiani si diressero in Oceania, 187.895 in Venezuela e 229.332 in Canada (3).
Dagli anni '60 si assiste, pero', ad una continua riduzione del numero di espatri di italiani, salvo qualche
piccola ripresa. Nel 1913 si registrarono 872.598 partenze e questo e il valore piu' elevato che si sia avuto dal 1876 al 1987; nel 1987 si contano 54.594 espatri.
Gli italiani all'estero sono, secondo il Ministero degli Affari Esteri italiano, 5.115.747 nel 1986; di essi il
43,7% si trova in America, il 42,9% in Europa.
Il fatto che la consistenza degli italiani all'estero si sia stabilizzata, ormai da diversi anni, intorno ai milioni di unita', e' dovuto non a nuova emigrazione, ma alle seconde generazioni che, essendo nate sul posto, non hanno piu' difficolta' di lingua ed hanno minori problemi di cultura e di inserimento. Si parla sempre piu' di "integrazione" degli italiani all'estero, parola introdotta negli anni '50 e '60, dopo un periodo in cui non si era data la dovuta importanza al problema dell'inserimento degli italiani nei paesi che il ospitavano. Negli ultimi decenni si sente, invece, la necessita' di tener conto delle problematiche di integrazione all'interno delle politiche dell'emigrazione.
L'emigrazione "si presenta, oggi, piu' come realta' a suo modo "stabile" che come realta' di "movimento"" (4). Di conseguenza e necessario esaminare le "collettivita'" di emigrati e non soltanto il movimento migratorio, I'andamento dei flussi.
In questa sede verra affrontato uno studio delle collettivita italiane nei principali paesi ove l'emigrazione italiana, nel corso di molti decenni, ha create consistenti comunitg di cittadini italiani: la Repubblica Federale di Germania, la Francia, la Svizzera, la Gran Bretagna ed il Belgio, per l'Europa; gli Stati Uniti d'America, il Canada, l'Argentina, il Brasile, il Venezuela e l'Australia, per quel che riguarda i paesi extraeuropei.
Il presente lavoro analizza, in breve, il flusso migratorio verso i paesi citati, la consistenza (5) delle
comunita italiane e anche le loro caratteristiche demografiche (composizione per sesso e per classi di eta'), per arrivare, poi, ad indicazioni sulla provenienza regionale degli italiani all'estero e sul loro insediamento all'interno del nuovo paese, nonche' sulla struttura scolastica e professionale (condizione professionale e non professionale, distribuzione per professioni e per settori di attivita').
Per ciascuno di questi aspetti vengono riportati uno o piu' grafici, che focalizzano il fenomeno e danno la possibilita' di fare piu' rapidamente confronti tra le varie collettivita (si e' cercato di utilizzare lo stesso tipo di confronti tra le varie collettivita (si e' cercato di utilizzare lo stesso tipo di grafico per ogni argomento, a tale scopo).
Nel paragrafo "struttura per sesso e per eta'" vengono calcolati quattro indici: l'indice di mascolinita',
I'indice di invecchiamento, I'indice di vecchiaia e l'indice di diptndenza demografica. Nelle stesso paragrafo si effettua un confronto degli indici di mascolinita', di vecchiaia e di invecchiamento della collettivita' italiana con quelli della popolazione del paese in questione, per meglio comprendere la situazione demografica della nazione ospitante e capire quanto la collettivita' segua la tendenza generale.
Alla fine di ogni capitolo, inoltre, vi e' una 'appendice statistica' che riporta tutti i dati che, elaborati, hanno originate le tavole ed i grafici introdotti nei vari paragrafi dello stesso capitolo.
A titolo di sintesi riportiamo sia una tabella contenente gli espatri e rimpatri di italiani verso paesi europei ed extraeuropei (dal 1876 al 1987), sia dei grafici sugli espatri e rimpatri di italiani (dal 1946 al 1987), distinti per paesi europei ed extraeuropei sia una tabella che mostra la consistenza delle collettivita' italiane relativamente al continente che le ospita sia due cartogrammi indicanti gli espatri di italiani secondo la regione di origine. Lo scopo di quelle pagine e' di dare una visione di insieme del fenomeno migratorio, lasciando alle pagine successive l'analisi piu' dettagliata.
Per maggiori dettagli vedere il libro di R. Cagiano de Azevedo, - P. Bacchetta, "Le Comunita' italiane all'estero", G. Giappichelli Editore, Torino, 1990.
NOTE
(1) Nel 1987 sono espatriati e rimpatriati rispettivamente 54.491 e 53.406 italiani, secondo i dati dell'Istituto Centrale di Statistica.
(2) "Le stime piu' attendibili, mancando in materia dati ufficiali, fanno riferimento a cifre dell'ordine di un migliaio di imprese e di circa 100-150 mila lavoratori (la meta' impiegati nel settore edile, gli altri in settori ad alta tecnologia) (cfr. M.A.E.-CNEL, 1988, pag. 33).
(3) Dati ISTAT
(4) Cfr. Foschi F., (1977), pag. 9.
(5) 1 dati riguardanti la consistenza, per alcuni paesi risultano poco continui. L'aumento della consistenza, che le cifre, a volte, sembrano evidenziare, non sempre risponde ad una reale crescita del numero dei componenti della collettivita'. Esso puo' essere attribuito all'inclusione in quell'anno, anche di coloro che possiedono la doppia cittadinanza, oppure al fatto che sono cifre calcolate ora dal paese d'immigrazione ora dal paese d'emigrazione, e questo non sempre si e' potuto indicare nel testo, perche' le fonti stesse non ne facevano menzione.