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Gianfranco Fini, Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri
Intervento alla 60ª sessione dell'Assemblea Generale
18 Settembre 2005

 


Signor Presidente,

desidero innanzitutto esprimerLe le mie più vive felicitazioni per la Sua elezione alla Presidenza di questa Assemblea Generale. La Sua grande esperienza in campo internazionale è la miglior garanzia di successo per il Suo mandato. Un sincero ringraziamento va anche al Suo predecessore, Jean Ping, che ha presieduto la 59ª Sessione con particolare efficacia e capacità.

Le deliberazioni del Vertice del Millennio rappresentano una tappa importante e significativa verso l’adeguamento dell’Organizzazione delle Nazioni Unite alle sfide globali che essa ha di fronte a sé.
I risultati conseguiti nel tentativo di aggiornare l’ONU, i suoi principi di riferimento ed i suoi organi, rappresentano il massimo su cui è stato possibile far convergere il consenso della comunità internazionale. Spingersi oltre avrebbe con ogni probabilità significato metterne a repentaglio la compattezza, che è valore assoluto e indispensabile.
Sono risultati da salutare con apprezzamento e da considerare come un invito a passare all’azione.
I Capi di Stato e di Governo hanno infatti indicato la strada. Spetta ora a questa Assemblea Generale, agli altri organi delle Nazioni Unite, alle sue agenzie specializzate ed al Segretariato adoperarsi per dare piena attuazione là dove è possibile, per approfondire e sviluppare là dove è opportuno, le iniziative concordate nel Documento finale.


Signor Presidente,

gli avvenimenti più recenti ci rammentano, a volte in modo anche drammatico, quanto sia importante poter contare su un sistema multilaterale saldamente strutturato e capace di rispondere con tempestività ed efficacia alle molteplici sfide che, agendo isolatamente, i singoli membri della comunità internazionale non potrebbero mai affrontare con successo. L’Italia ne è convinta e la vocazione al multilateralismo rappresenta un connotato fondamentale della sua politica estera.
Naturalmente, il sostegno italiano all’azione delle organizzazioni sopranazionali non deriva solamente da ideali astratti. Aderiamo alla teoria, ma più ancora alla pratica del multilateralismo perché siamo convinti che non solo la comunanza dei principi, ma anche - e, sotto certi aspetti, soprattutto - quella degli interessi giustifichi la messa in comune di risorse, strumenti, responsabilità e benefici. Un’azione comune non puo’ essere neppure concepita se manca una percezione condivisa degli interessi, degli obiettivi e del loro ordine di priorità.
Va dunque annoverato tra i risultati positivi di maggiore significato del Vertice del Millennio quello di avere favorito il consenso su di una visione innovativa ed integrata della sicurezza collettiva e di aver messo in luce i principali fenomeni che tale sicurezza minacciano. E se terrorismo, sottosviluppo e integralismo rappresentano le minacce prioritarie, essi richiedono una risposta all’altezza della sfida, una risposta che può venire solo da un sistema multilaterale forte e credibile.

Dinanzi all’emergere del terrorismo fondamentalista, il ricorso alla forza, pur talvolta inevitabile, non può da solo considerarsi sufficiente. Non alle armi, ma alla politica spetta creare le condizioni di un proficuo dialogo fra le culture, le civiltà e le religioni; spetta sviluppare quella solidarietà sociale e tra le Nazioni che impedisca al terrorismo di continuare nel suo criminale proselitismo.
La solidarietà globale è anche la risposta più appropriata dinanzi allo scandalo di una povertà a sua volta globale, frutto della persistenza di dislivelli elevatissimi nella distribuzione del benessere che contrastano non solo con ogni canone di equità, ma anche con i più elementari criteri di logica ed efficienza. Per debellare il sottosviluppo occorre farsi promotori di una solidarietà fattiva, che sappia recare benefici effettivi e durevoli, coniugando l’azione politica ed economica dei Paesi donatori con la valorizzazione del senso di responsabilità e di autonomia che si fa strada nei Paesi emergenti, desiderosi di affrancarsi dalla cultura della dipendenza.
A tenere insieme sottosviluppo e terrorismo, moltiplicandone il potenziale d’instabilità, è poi spesso il collante dell’integralismo, del fanatismo ideologico, nemici convinti di quei valori universali di pace, libertà, eguaglianza, visti come una minaccia grave da chi vuole controllare e delegittimare i nostri sistemi sociali.

Signor Presidente,

crediamo fermamente nella necessità che la comunità internazionale si unisca per lottare contro il terrorismo, il sottosviluppo, l’integralismo. Sarà compito di questa sessione dell’Assemblea Generale individuare le iniziative e le azioni concrete.
L’impegno assiduo profuso dall’Italia, anche a prezzo di rilevanti sacrifici, a favore della pacificazione di cruciali aree di crisi come il Medio Oriente, i Balcani, più di recente il Darfur, nella assistenza ai Paesi che tentano di risollevarsi da decenni di oppressione oscurantista come l’Afghanistan e l’Iraq, l’impegno nella diffusione di una cultura della libertà e del dialogo tra le culture, l’impegno in prima linea contro la piaga del sottosviluppo anche con metodi innovativi come la cancellazione del debito o la partecipazione al Fondo Globale per la lotta contro le grandi pandemìe sono testimonianza eloquente e, credo, sufficiente della serietà del nostro intento. A riguardo, vorrei dedicare una menzione specifica alla nostra azione a favore dello sviluppo del continente africano; azione svolta non soltanto attraverso concrete iniziative di lotta alla povertà, ma anche mediante il rafforzamento delle capacità africane in materia di prevenzione, gestione e risoluzione dei conflitti.
Siamo pronti a fare fronte alle responsabilità che ci incombono e che sono commisurate al contributo di uomini e mezzi che l’Italia assicura al funzionamento delle Nazioni Unite.
Non sarei coerente con la propensione dell’Italia al multilateralismo se non aggiungessi che i nostri sforzi sarebbero votati all’insuccesso se fossero condotti in solitudine. Essi hanno invece una probabilità tanto più effettiva di riuscita quanto più e meglio sanno inserirsi, completandola, in una cornice multilaterale. Anche per questo siamo seriamente e fermamente determinati a rafforzarla.
Le proposte di riforma emerse nel corso dell’ultimo anno e sottoposte al vaglio dei Capi di Stato e di Governo mettono a nostra disposizione nuovi strumenti operativi dal potenziale prezioso che dobbiamo adoperarci a valorizzare sino in fondo. Penso, ad esempio, alla possibilità di accrescere in maniera significativa la capacità della comunità internazionale di prevenire situazioni di crisi, di gestire i conflitti, di ammodernare modalità e contenuti dei tradizionali programmi di assistenza allo sviluppo in modo da promuovere una stabilità duratura.
Per questo, l’Italia non può che guardare con grande favore alla prospettiva di accrescere e innovare gli strumenti dell’azione societaria in questi settori, attraverso l’istituzione di nuovi organi quali la Commissione per il Consolidamento della Pace ed il Consiglio dei Diritti Umani. La loro istituzione consentirà di dare sostanza operativa e concreta a quell’approccio integrato alla gestione delle crisi e delle operazioni di mantenimento della pace che vivamente auspichiamo, in grado di meglio prevenire il ripetersi di conflitti, di consolidare i processi di pace nelle aree di crisi e di propiziarvi il ripristino delle infrastrutture dello stato di diritto.
Signor Presidente,
il processo di riforma in corso può e deve investire anche le istituzioni delle Nazioni Unite nel loro complesso, sia per ciò che ne riguarda la composizione che le modalità di funzionamento, onde rafforzarne l’efficacia e l’efficienza, assicurando nel contempo la coerenza del quadro d’insieme e dei relativi equilibri all’interno dell’Organizzazione. Anche di questo l’Italia è pienamente consapevole e convinta, come lo è della necessità che in questo settore, più ancora che in altri - per la sua attinenza con la ragion d’essere dell’Organizzazione e la partecipazione degli Stati membri - si proceda con la dovuta attenzione alle sensibilità di ciascuno, nel quadro di un processo che assicuri piena trasparenza e inclusività.
In occasione del Vertice non è stato possibile raggiungere un accordo sul tema assai controverso della riforma del Consiglio di Sicurezza. I termini dell’argomento, già ampiamente dibattuto nella fase preparatoria, sono ben noti. Altrettanto nota è la posizione dell’Italia e dei Paesi che come l’Italia fanno parte del movimento “Uniting for Consensus”: abbiamo presentato una proposta concepita nel segno della priorità alla più ampia inclusività, alla maggiore efficacia e maggiore partecipazione democratica, ad un’ampia rappresentanza geografica e regionale, ma elaborata in spirito costruttivo e flessibile.
Sappiamo bene che diverse sono le priorità di altri Paesi, di cui ovviamente rispettiamo le posizioni, anche se non le condividiamo. E' nostro vivo auspicio che in tutti si faccia strada il convincimento che la riforma del Consiglio di Sicurezza non può essere il risultato di prove di forza, di inaccettabili condizionamenti o accelerazioni artificiose, della creazione di nuove posizioni di privilegio. La consapevolezza della necessità di riformare il Consiglio è patrimonio comune a tutta la membership. Sicuramente essa non può essere considerata appannaggio esclusivo di chi propugna un’opzione di riforma piuttosto che un’altra. Le vicende di questo periodo hanno dimostrato che nessuna delle proposte attualmente sul tappeto ha i voti necessari per poter passare. Certamente, su nessuna di esse si registra quell’ampio consenso indispensabile a far sì che il futuro assetto del Consiglio di Sicurezza contribuisca ad unire, e non a dividere, la Comunità Internazionale. Per questo siamo convinti che è necessario voltare pagina, unire gli sforzi nella ricerca di formule nuove, consensuali sia nella sostanza che nel metodo. Va da sé che questa ricerca non potrà protrarsi all’infinito: percorrerne assieme il cammino con fiducia e perseveranza è l’unica garanzia di risultati efficaci e duraturi. L’Italia è pronta a prendere in esame con spirito costruttivo ogni ipotesi di soluzione attorno alla quale possa coagularsi il massimo consenso possibile, ma continuerà ad opporsi, in coerenza con questi principi condivisi da un numero crescente di Stati membri, ad ogni formula suscettibile di creare nuove divisioni ed emarginazioni.

Signor Presidente,

a fronte delle sfide che ha di fronte, la Comunità internazionale ha bisogno di unità di intenti.
So bene che in questi discorsi l’aggettivo “storico” viene evocato con una frequenza tale da far perdere all’espressione gran parte del suo significato. Tuttavia, pensando alle scadenze, ai rischi, alle opportunità che si profilano, definire storico il frangente nel quale si tiene questa sessione dell’Assemblea Generale non appare esagerato.
Un noto aforisma ci ammonisce che “coloro che non ricordano la storia sono condannati a ripeterla”. E la storia ci insegna che l’unità della comunità internazionale, basata sulla riconosciuta condivisione di principi ed interessi fondamentali, è il presupposto irrinunciabile per garantire la pace, lo sviluppo ed il progresso ai nostri popoli.


 

 


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Last update 19.05.06
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