50 years of Italy at the United Nations
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Silvio
Berlusconi, Presidente del Consiglio e Minsitero degli
Affari Esteri
Intervento alla 57°
Assemblea Generale delle Naizoni Unite
13 settembre 2002)
Signor Presidente,
E’ trascorso un anno dall’attacco terroristico contro
gli Stati Uniti, che ha inflitto alla città che oggi ci accoglie le
ferite più profonde. Colpendo questa città, questa nazione, questa
democrazia, i terroristi hanno voluto colpire al cuore l’intera
comunità delle nazioni e dei popoli che si riconoscono nelle Nazioni
Unite e nei valori che esse rappresentano. Ma il loro intento è
fallito. La loro barbarie ha destato in noi tutti una comune volontà
di reagire. La loro barbarie ci ha uniti invece di dividerci. E uniti
intendiamo reagire contro ogni nuova minaccia alla sicurezza del
mondo.
La lotta al terrorismo rappresenta oggi
la sfida fondamentale a difesa dei diritti umani e dei valori e degli
ideali di libertà, di pace, di giustizia e di sviluppo nei quali noi
tutti ci riconosciamo: in questa lotta l’Organizzazione delle Nazioni
Unite è in prima linea. Sappiamo che sarà una battaglia lunga e
difficile, e perciò dovremo mantenere la coesione e la determinazione
che abbiamo messo in campo finora.
Siamo fermamente convinti che questa battaglia può
essere vinta.
Ieri il presidente Bush ci ha ricordato le
responsabilità che condividiamo in questa lotta in difesa della
libertà che e’ il nostro primo bene, quello da cui derivano tutti gli
altri. Il terrorismo trova un terreno fertile là dove non c’è
libertà, là dove non c’è democrazia, là dove c’è fame, miseria e
disperazione. Per sconfiggere il terrorismo dobbiamo globalizzare la
democrazia e la liberta’. Per sconfiggere il terrorismo dobbiamo
promuovere anche uno sviluppo economico senza frontiere, uno sviluppo
durevole per tutti.
In questa battaglia il mio Paese ha
fatto sin dall’inizio la sua parte e continuerà a farla sino in fondo,
dando nuovo impulso alla cooperazione militare, finanziaria,
giudiziaria, di polizia e di intelligence che ha già ottenuto
importanti risultati.
Ma stiamo anche operando per sradicare
la povertà e le malattie.
Ci siamo impegnati a destinare lo 0,39
per cento del Pil allo sviluppo dei Paesi meno fortunati. E intendiamo
raggiungere il livello dello 0,70 per cento. Il continente africano è
parte importante delle nostre preoccupazioni: una sfida per la nostra
coscienza e un banco di prova della nostra capacità di far partecipare
i suoi Paesi a un autentico sviluppo senza frontiere. Il piano
d’azione per l’Africa del G8, lanciato sotto la Presidenza italiana a
Genova e approvato in Canada, è la risposta all’esigenza di un nuovo
rapporto di solidarietà dei Paesi più industrializzati con quelli che
intendono assumersi la responsabilità (ownership) del proprio futuro.
Ma l’aumento dei finanziamenti non
basta: al Vertice di Kananaskis abbiamo presentato un piano d’azione
mirato a conseguire standard comuni di “good governance”, a
cominciare dalla nostra iniziativa sull’”e-government”, un
modello universale completamente informatizzato e digitalizzato dei
conti pubblici, dell’amministrazione pubblica e delle sue principali
funzioni. L’adozione di questo modello universale che rispetta le
identità, le tradizioni e la cultura di ciascun Paese potra’ produrre
molti effetti positivi: conti pubblici trasparenti e leggibili; regole
e leggi certe, proprie dello Stato di diritto; servizi più efficaci
per i cittadini e per le imprese, una maggiore efficienza della
pubblica amministrazione e soprattutto una maggiore democrazia. Si
innescherà così un meccanismo virtuoso e finalmente i Paesi donatori
avranno la certezza che tutti i loro aiuti arrivino davvero alle
popolazioni bisognose.
A questo proposito, al G8 sono state
ipotizzate tre fasi.
Nella prima, di sperimentazione, si
fornirà la necessaria assistenza ai Paesi che vorranno adottare questo
sistema. Alla fine della prima fase, che potrebbe durare tre o quattro
anni, si potrà passare a una seconda fase, trasformando l’adozione del
sistema universale in un requisito necessario per tutti quei Paesi che
chiederanno di essere aiutati a svilupparsi. Ci potrà essere, infine,
una terza fase nella quale potremmo chiedere ai Paesi più
industrializzati di stringere rapporti di collaborazione con alcuni
specifici Paesi meno fortunati, facendosi carico della realizzazione
di specifiche opere.
Siamo altresì convinti che all’aiuto pubblico debba
aggiungersi quello dei privati. Al G8 di Kananaskis abbiamo proposto
una soluzione innovativa chiamata “de-tax”, per consentire ai
privati di destinare volontariamente l’1-2 per cento del prezzo dei
beni voluttuari da loro acquistati alla realizzazione di opere
concrete, una scuola, un ospedale, un acquedotto nei Paesi poveri.
A Genova abbiamo inoltre dato vita al Piano
Education for all e al Fondo Globale contro l’Aids, la Malaria e
la Tubercolosi, a cui l’Italia ha dato un sostanziale contributo.
Ma i Paesi poveri hanno anche bisogno di essere
sollevati dai loro debiti affinché possano liberare le risorse
necessarie alla loro crescita. Per questo l’Italia ha già cancellato
un miliardo di dollari di debito ai Paesi suoi debitori e cancellerà
prossimamente altri 4 miliardi di dollari sino ad arrivare alla
cancellazione totale dei suoi crediti.
Il nostro impegno nelle Nazioni Unite è a tutto campo.
L’Italia è il sesto contributore al bilancio ordinario
dell’Organizzazione e uno dei principali contributori di uomini. Circa
dieci mila soldati italiani sono impegnati in tutto il mondo dai
Balcani all’Afganistan per preservare e mantenere la pace e la
sicurezza.
Continueremo su questa strada, convinti come siamo che
non vi sia problema che non possa essere risolto se ci impegniamo
insieme con forte determinazione.
In questo momento la principale
sfida all’Onu e al nostro sistema di valori e di principi è portata
dal regime che governa l’Iraq e che viola sistematicamente tutte le
risoluzioni delle Nazioni Unite. E’ necessaria e indispensabile una
risposta per salvaguardare la comunità internazionale dal pericolo
costituito da un accumulo di armi non convenzionali di sterminio di
massa. Come ha dichiarato in maniera molto precisa il Presidente Bush,
cio’ che dobbiamo affrontare oggi e’ proprio questo oltraggio ripetuto
alle Nazioni Unite e alla volontà della Comunità Internazionale.
Dobbiamo fare uso di tutti gli strumenti diplomatici e politici a
nostra disposizione per sanare questa situazione, ma se non vi sarà
un cambiamento sostanziale, sarà necessario agire nel quadro delle
Nazioni Unite per salvaguardare la sicurezza internazionale da una
minaccia effettiva. La lezione che dobbiamo trarre dall’11 settembre è
che la premura puo’ rendere incauti ma un ritardo nell’intraprendere
l’azione necessaria puo’ avere conseguenze terribili. Quando l’attacco
terroristico e l’insidia alla pace sono portati da reti o regimi che
mirano a distruggere il nostro modo di vita e le nostre democrazie
liberali, le democrazie hanno non solo il diritto ma anche il dovere
di difendersi.
Vengo infine al Medio Oriente. L’Italia sostiene la
road map dell’Unione Europea e l’azione del “Quartetto” e la rapida
convocazione di una Conferenza internazionale che assicuri la pacifica
convivenza di due Stati indipendenti all’interno di confini certi e
sicuri. Occorre anzitutto mettere fine alla spirale di violenze
attraverso la cessazione degli attentati terroristici. La convocazione
di libere elezioni darà un impulso al processo di riforma democratica
dell’Autorità nazionale palestinese. Ma è impossibile immaginare una
pace duratura se non si ridurrà il divario economico tra israeliani e
palestinesi, dando a questi ultimi una prospettiva e una speranza
concreta di lavoro e di sviluppo. L’Italia ha presentato a questo fine
un Piano per la ricostruzione e il sostegno dell’economia palestinese.
L’Italia ha offerto la propria disponibilità ad
ospitare i negoziati e la conferenza di pace.
Signor Presidente,
noi siamo uomini di pace.
Noi siamo convinti che questo nuovo secolo non possa
essere lasciato nelle mani della follia criminale e del fanatismo.
Noi siamo in campo contro il terrorismo.
Faremo tutto cio’ che e’ necessario per sradicarlo e
per difendere la nostra sicurezza e il nostro futuro.
Noi vogliamo operare per costruire una vera pace nella
giustizia, l’unica pace possibile per gli uomini liberi e giusti.
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